Questo blog è dedicato a tutti i Triumphisti che, negli anni '90, incuriositi dalle novità della fabbrica di Hinckley, non esitarono ad acquistarne una, sapendo di avere una moto molto diversa dalle altre.
E' dedicato a tutti coloro che non vedevano l'ora di attaccarsi al proprio giubbotto una patch con un topo, a ricordo di un raduno RAT.
Si parla quindi di Triumph ormai fuori produzione, di quelle prodotte e vendute in pochi pezzi. Anni '90...

Ma questo blog non è esclusivamente mio. Voglio che sia anche di tutti voi, Triumphisti della prima ora. Questo blog può avere fino a 100 autori. Mandatemi una mail (kappapaolo@gmail.com) e, diventando autori, potrete raccontare a tutti i vostri sogni, le vostre moto e le vostre emozioni.

lunedì 15 febbraio 2010

Mi presento: Fabio


Per chi, come me, e’ nato alla fine degli anni ’50, l’adolescenza (con annessi e connessi) si e’ svolta negli anni ’70. Questo decennio, a mio parere, e’ stato l’ultimo in cui e’ esistita una ben precisa individualita’ di molte tipologie di oggetti che, successivamente, sono confluiti verso stili e contenuti piu’ uniformi e spersonalizzanti. Le auto degli anni ’70 in gran parte erano state progettate prima della crisi energetica del ’74, per cui avevano linee ancora non schiave del cx e si riconosceva subito un modello da un altro. Le moto, poi, erano di tutti i tipi, a 2 e 4 tempi, mono, bi, tri, quattro e sei cilindri, da strada, sportive, da cross, da regolarita’ (oggi si direbbe enduro), erano italiane, tedesche, inglesi, francesi, spagnole, giapponesi, americane, cecoslovacche. E cosa faceva l’adolescente Fabio in quegli anni? Si consumava gli occhi sulla BMW R90/S e sulla Benelli 750 6 cilindri, ma l’eta’ e le finanze familiari gli permettevano di posare il culo su una onesta, economica e lenta Gilera 124, che al compimento dei 18 anni sarebbe diventata una Guzzi 250, brillante bicilindrica 2 tempi (in pratica una Benelli con un altro marchio), scattante e assetata di miscela al 4%. Il decennio fini’, arrivarono gli ’80, gli studi universitari, le ragazze che preferivano il calduccio dell’auto al fresco (freddo) della moto, la ricerca del lavoro, e tutto cio’ ridusse il mio interesse per le 2 ruote. Inoltre alcuni marchi stavano sparendo, altri non si erano rinnovati, altri con gli occhi a mandorla si rinnovavano fin troppo, sfornando modelli su modelli, allora considerati avveneristici, con carenature che oggi fanno ridere e datano irrimediabilmente le moto di quegli anni. E a me che piacevano le nude rimaneva poco su cui appassionarmi. Finche’..... nel maggio 1993 sfogliando una nota rivista di moto rimasi affascinato dal Monster Ducati. Era diverso da tutti, nudo, essenziale, tutto telaio e motore, insomma l’essenza della moto. Rimasi colpito e qualcosa dentro inizio’ a muoversi, i ricordi motociclistici tornarono a galla, la voglia di sentire nuovamente l’aria addosso, il rombo del motore, il ginocchio che si avvicina all’asfalto.....ero pronto a tornare in sella. Gia’ ma di cosa? Ci volle del tempo per trasmettere a mia moglie il messaggio, iniziai a visitare alcuni concessionari, selezionai le moto che mi attraevano di piu’, che piacevano alla mia pancia, che mi facevano tornare agli anni ’70 (o almeno mi illudevano di farlo). Mi piaceva il Monster, l’avrei preso giallo (era in catalogo), ma il concessionario mi disse che lo facevano solo rosso perche’ ai tedeschi piaceva cosi’. Andai a vedere il Guzzi California, bello massiccio, possente, ma il concessionario mi disse che l’avrei avuto dopo alcuni mesi perche’ la fabbrica dava la precedenza ai clienti tedeschi (ancora loro....), mi informai sulla BMW R100R, chissa’ che i tedeschi non favorissero i clienti italiani, ma mi dissero che era appena uscito di produzione perche’ con le leggi antiinquinamento americane non aveva futuro, diedi un’occhiata (a dire il vero poco convinta) al Kavasaki Zephir (non ho nulla di personale contro i giapponesi, ma se posso compro europeo). Finche’ non vidi il Thunderbird, modello nato per riportare Triumph negli USA. Bello, pensai, classico ma non antiquato, il motore si vede bene, il serbatoio e’ come quello delle Triumph degli anni ’70, ha una bella sella per 2 persone, non e’ potentissima ma ne ha abbastanza per un uso turistico, appena posso la vado a vedere dal vivo. Ed una volta visto e’ partita la scimmia. Per decenza verso mia moglie dico al concessionario (era un giovane Mr Martini) che ripassero’, non volevo lasciare subito l’anticipo all’insaputa della mia dolce meta’, ma il giorno dopo sono li’, deciso, giusto in tempo per beccarmi l’aumento di prezzo di 1 milione di lire che entrava in vigore proprio quel giorno..... che culo! Comunque, lo ordino, nero, lascio l’anticipo, inizio a contare i giorni, finche’ non arriva il grande momento. Il resto e’ presto detto: lo ritiro, ci vado un po’ in giro, comincio a pensare che il manubrio dovrebbe essere piu’ basso, magari anche il parafango posteriore piu’ corto, e perche’ no la sella Gunfighter della Corbin, e poi i soffietti (nei ’70 li avevano molte moto), e il copri-airbox bucherellato come la BSA Rocket. Insomma, la faccio come nella mia testa sono fatte le moto della mia adolescenza, quelle su cui sbavavo ma non potevo avere. Col Tbird ho visto posti nuovi, provato sensazioni piacevoli, richiamato l’attenzione di altri motociclisti (gente che frenava, invertiva la marcia e tornava indietro per vederlo e chiedere come andava), convertito alla moto nuda un collega. Affidabile, comodo, non particolarmente assetato, divertente sulle statali, stabile con il vento laterale, cosa volere di piu’? Magari dei freni un po’ piu’ potenti.

4 commenti: